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Solidarietà SENEGOL: "Sentimenti di viaggio" di Paolo Amir Tabloni

“Vedere una volta è come sentire cento volte”. Il portiere-scrittore ci ha mandato su nostra richiesta, lo "spaccato di vita" della settimana di solidarietà trascorsa in Senegal

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“Solo le montagne non s’incontrano, ma gli esseri umani si”: ecco come si potrebbe riassumere il nostro viaggio in Senegal. Con le parole della guida Oumar Fall.

Incontriamo Oumar già all’arrivo dell’aeroporto di Dakar, accompagnato dall’autista Waly, entrambi a bordo di un pulmino bianco col portabagagli sul tettuccio, che confrontato alla media dei mezzi che percorrono le strade africane, sembra (ed è) roba da ricchi.

Strade per modo di dire, ovviamente, carraie per lo più, rosse fra l’altro, che quando il vento alza la sabbia delle campagne o persiste una forte umidità, diventano un tutt’uno con il cielo.

Persone che s’incontrano, quindi. In primis noi di Senegol, un gruppo di volontari che come re magi, uno dopo l’altro, abbiamo deciso di seguire la scia luminosa tracciata dalla stella cometa di Calcio dilettanti e solidarietà, associazione di promozione sociale ideata dal predidente Omar Daffe (portiere senegalese del Salso), brillantemente coadiuvato dal vice presidente Vincenzo Ramundo (difensore del Nibbiano) e dal segretario Daniele Orlandini (centrocampista del Carpineti).

Giocatori e accompagnatori che si sono incontrati ed hanno incontrato altri giocatori e dirigenti di pelle, cultura e religione differente. Come quelli del H.L.M. Fatick e dell’E.J. Fatick, della scuola calcio del Gallo Mbothie e dell’Atlantic, e infine dell’Asc Thioce, presso lo stadio di Mbour, in una cornice di pubblico da altro calcio.

Sempre vestiti uguali noi, con le mute da gioco e di rappresentanza fornite da Errea, azienda leader in generosità, che come le tante società di calcio della zona, ha deciso di partecipare al progetto donando materiale di ogni tipo.

Sinergie che ci hanno messo in condizione di aiutare anche i bambini dell’orfanotrofio e del centro disabili di Mbour, e della struttura Les Gones, arcignamente realizzata con i sacrifici della sua fondatrice Annie Ciolfi. In tutto due tonnellate di roba, mica noccioline. Perfino un container.

Persone che si sono incontrate, hanno incontrato altre persone e conosciuto un Paese fantastico. Un ruolino di marcia molto impegnativo, che ci ha permesso di visitare anche l’isola di Goree, dove avveniva la più vergognosa tratta degli schiavi, e poi l’isola di Joal- Fadioiut, il mercato di bestiame di Nguegnene, le dune di sabbia di fronte all’oceano, rese celebri dalla Parigi - Dakar che abbiamo cavalcato su un panzer della seconda guerra mondiale, il bagno nel salatissimo Lac Rose, il safari nella riserva di Bandia.

E poi i cori da stadio durante gli spostamenti, i bellissimi momenti trascorsi giocando con i bambini, quella volta che abbiamo ballato alla festa di matrimonio di chissachi e quella sera che in nostro onore, hanno perfino chiuso un incrocio del centro di Mbour, facendo posto alle casse e ai bonghi, per dare il via alle danze tradizionali.

Questo è stato.

Un giorno il padre di Omar Daffe ci ha detto che “vedere una volta è come sentire cento volte”, e aveva ragione. Personalmente, voglio credere che il progetto Senegol non rimanga solo un’esperienza di vita indimenticabile, ma possa diventare uno stato mentale. Un posto dove rifugiarmi nei giorni più difficili. Perchè ci sarà sempre un sorriso sincero, due occhi furbi e una mano tesa in cerca di un abbraccio che mi aspetta da qualche parte.

Non è forse questa la felicità?


Paolo Amir Tabloni

 

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  Scritto da Redazione Emiliagol il 21/06/2015
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