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Var, va o non va? Il giustiziere silente

Una stagione sperimentale, che proseguirà: o forse no

I prossimi Campionati del Mondo in Russia vedranno l’introduzione del Var, non ancora utilizzata in Champions League e che ha visto invece nella Serie A il più importante fra i Paesi che ha già fatto uso di questa tecnologia. Fra alti e bassi, la sperimentazione si può dire soddisfacente nonostante non siano mancati i casi di forti polemiche e recriminazioni, nonostante la possibilità di ricorrere al supporto video.

Quel che spesso sfugge è che, dietro il Var, c’è sempre e comunque un occhio e una mente umana, dunque non esente da errori. Non vi è matematica o perfezione, spesso silente e non del tutto esplicita: la chiamata può giungere direttamente dal giudice di casa o da chi nell’apposita postazione segnala un episodio dubbio o talmente sfuggito alla direzione di gara.

Di ovvio c’è che il Var ha ridotto gli errori arbitrali, certamente non li ha aggiunti: ergo, la si può definire un’innovazione positiva e che è pronta a prender piede anche negli altri principali campionati, in attesa che possa far breccia anche nella massima competizione per club.

A tal proposito ha espresso la sua opinione l’ex arbitro Luca Marelli: “Partiamo da un presupposto fondamentale: il VAR è contestato da una minoritaria percentuale di tifosi ed addetti ai lavori per partito preso. I risultati oggettivi sono eccezionali: una decina di errori su oltre mille episodi sottoposti a check, 50 episodi valutati in modo errato e modificati con l’utilizzo della tecnologia”.

Quello che ha fatto sorgere i maggiori dubbi circa il suo (non) utilizzo è relativo ai casi in cui l’arbitro decide di non recarsi in persona a prendere visione dell’episodio dubbio fidandosi della decisione degli uomini al Var o più semplicemente ritiene non necessario il ricorso allo strumento tecnologico: “Se mi vien chiesto in cosa modificare la strutturazione del VAR, rispondo convintamente che il protocollo andrebbe modificato in merito alla dizione di “chiaro errore”, espressione che, ad un primo impatto, potrebbe apparire ben catalogata ma che, nella realtà, significa tutto e niente. A mio parere, come più volte affermato fin dalla scorsa estate, la scelta dovrebbe ricadere su una dizione più corretta di “possibile errore”, che lascerebbe un maggior margine decisionale all’arbitro centrale, oggi troppo vincolato ad un intervento dei VAR sulla base di un errore già qualificato come “chiaro”, afferma Marelli.

Ad oggi il Var è uno strumento per pochi, ovviamente perché richiede costi esorbitanti sia a livello tecnologico che di ingaggio relativo all’impiego di più risorse. Dunque, solo Serie A: con buona pace della serie cadetta fino ai Dilettanti. Decisamente non meritocratico, ma prima di arrivare ad una totale copertura su tutti i campi, come giusto che sia, servirà tempo e soprattutto, danaro.

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  Scritto da Redazione Emiliagol il 17/03/2018
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