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Edizione provinciale di Modena


Andrea Ciceri : sarò sempre grato al Pallavicino e al vostro calcio

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Gli amori, come le stagioni della vita, a volte si interrompono d’incanto.

Dopo l’esonero deciso dall’USD PALLAVICINO, mi sento proprio come un innamorato sedotto ed abbandonato, e desidero congedarmi pubblicamente da un calcio, quello dilettantistico emiliano, da cui ho ricevuto tanto.

A Busseto ho trascorso gli ultimi 2 anni della mia carriera da giocatore e le prime 3 stagioni da allenatore di prima squadra. Torno a Lodi arricchito umanamente e professionalmente (e diciamo pure economicamente perché al Pallavicino la parola data dal Presidente Boreri  è ancora una e una sola).

Ringrazio tutti i giocatori che hanno speso tempo e attenzione per assecondare le mie scelte e la mia filosofia di calcio. La disponibilità totale dei ragazzi mi ha sempre permesso di sentirmi la guida della squadra, ruolo che secondo me deve sapersi assumere un allenatore, quantomeno nel mondo dilettantistico. Gli attestati di stima e affetto che mi sono piovuti addosso da coloro che ho allenato in queste stagioni mi convincono di aver lasciato umanamente un segno nei giocatori.

Nel mio personale album dei ricordi calcistici troverà sicuramente posto il primo campionato da giocatore, conteso fino all’ultimo alle corazzate Bettola e Fidenza, con una squadra (sapientemente allestita da Angelo Tinelli) capace di proiettare la società in una nuova era di forte ridimensionamento economico, mantenendo inalterata la voglia di stupire. Il tutto, grazie a vere e proprie “leggende” di casa vostra (Melotti, Rastelli, Silvestri, Del Nevo, Arata, Armani).

Non mancherà la mia prima stagione intera da allenatore, in cui abbiamo messo paura a tutte le big con un calcio spesso spettacolare (almeno per me, che odio gli 0-0…). Indimenticabili le vittorie, ahimè solo sfiorate, con Correggese (3-3) e Lupa Piacenza (2-2).

Da annali anche la miracolosa salvezza della scorsa stagione, portata a termine con la rosa più giovane del campionato ed un età media in campo spesso inferiore ai 20 anni.

Infine la squadra di quest’anno, quella che più di ogni altra, forse per margini di crescita, forse per la “fame” di calcio che ne contraddistingue ogni elemento, ho sentito come la “mia” squadra. Andare a casa fa male. Andarci senza poter puntare il dito contro nessun giocatore, lasciando uno spogliatoio compatto e senza alcuna crepa, ammirando la squadra dare tutto ogni settimana, fino all’ultima, dominata e purtroppo pareggiata partita, permette almeno di non avere rimorsi. Forse un solo rimpianto. Quello, per uno che crede che la fortuna nel calcio possa incidere in 90’ e compensarsi invece nell’arco di un campionato, di non poter riscuotere il credito accumulato con la malasorte in queste 14 partite.

Mi terrò stretti i rendimenti che mi hanno garantito, in queste stagioni, i pochi giocatori già affermati che ho avuto il piacere di allenare (Del Nevo, Grillo, Modafferi, Cardillo,  Liverani) e l’aver visto crescere verdissimi talenti (i 28 “under”  fatti esordire in categoria in 3 anni, di cui la stragrande maggioranza proveniente dal settore giovanile di casa). Tra questi, Mancastroppa, Pellegrini, Pericotti; ne sentirete parlare a lungo. Per uno che vuole continuare ad allenare penso che la resa dei propri giocatori sia la miglior cartina al tornasole con cui confrontarsi per valutare il proprio operato.

Saluto tutti i colleghi del girone e della zona. Ho trovato davvero un livello alto di preparazione e soprattutto di rispetto reciproco e solidarietà.

Saluto gli organi di informazione e chi si prodiga di far arrivare nelle case il verbo calcistico dilettantistico con cura e critica competente. Questa attenzione, secondo me, alza i contenuti dei campionati.

Saluto la città di Busseto e i numerosi tifosi che ogni Domenica garantiscono un seguito caloroso e civile, su ogni campo. L’aver puntato su tanti ragazzi del posto, a differenza delle precedenti gestioni societarie, ha forse garantito sostegno quasi incondizionato alla squadra e al suo allenatore (ad eccezione di qualche caso isolato, ma si sa che quando non si vince una partita, su ogni tribuna d’Italia in tanti si improvvisano navigati ct..).

Tra tutti, il mio abbraccio più caloroso è per il “Lombo”, amico vero. Mi spiace salutare Busseto proprio nel periodo in cui hai altro di più importante su cui pensare e con cui lottare. Forza che, da “animale da campo” quale sei, brucerai le tappe.

Infine, la Società. Odi et amo. Più di 2000 anni fa Catullo rappresentava già perfettamente cosa si prova quando una relazione viene vissuta con passione. Col Pallavicino ho sposato un progetto, mettendo in campo tutto quello che avevo dentro. Ho portato avanti fino all’ultimo le idee e le convinzioni per cui ero stato scelto e, molte volte nel percorso insieme, apprezzato. Quelle di prepararsi ogni settimana per provare a vincere contro tutti. E’ vero, non ci è riuscito sempre. Ma ho trovato in Michele Bianchi un direttore intrepido e  “illuminato”, un appoggio sicuro su cui piantare le radici di un progetto a lunga scadenza.

Sia chiaro. Nessuno mi ha girato la faccia. Mi hanno parlato con gli occhi gonfi. Proprio come quando una donna, la tua donna, se ne va e non capisci il perché. Forse è subentrata paura per quella merda di classifica che non rispecchia per niente quanto la squadra ha dato e può dare. Forse è mancato coraggio nel guardare a fondo dentro ai limiti e alle difficoltà di un’annata tormentata. Forse è venuta meno la fiducia. Forse, semplicemente, gli amori come vengono, se ne vanno. Allora subentra la rabbia, l’antitesi dopo una tesi brillante. Oggi non riesco a tifare Pallavicino, inutile lasciarsi andare a retoriche di cui il calcio si riempie la bocca senza che nessuno ci creda. Alzi la mano quell’ uomo che ha mai augurato una nuova bella vita alla donna che lo aveva fatto sentire il migliore fino al giorno prima.

Il tempo placherà i sentimenti. Arriverà il momento della sintesi e, son certo, mi rimarrà dentro una nuova smentita ad un altro luogo comune: “Il calcio non è fatto per la poesia, i sentimenti, i sogni…”

Chiedetelo a un bambino che ha un pallone tra i piedi. Magari a quel bambino che sognava di giocare a San Siro e poi lo ha fatto per 467 partite di campionati più umili con la stessa emozione che anelava allora.

E che, con la stessa passione a cuore aperto, ha affrontato le prime 90 panchine da allenatore.

Ho sognato, nella ridente Busseto. Ho trepidato, grazie al Pallavicino cui sarò sempre grato, nel calcio della vostra regione.

Torno a Lodi e chiudo gli occhi in attesa di un nuovo sogno.

Buon Calcio a tutti.

Andrea





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  Scritto da Redazione Emiliagol il 27/11/2014
 

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